Abbracciato alla terra

Lo seguo da un po’. Ogni giorno, quando passo, lo guardo un attimo, e gli chiedo come sta. Non parlo e lui non risponde, è un gioco mio, ma l’osservazione di questa piccola vita non cosciente è reale.

Prima c’era un suo antenato al suo posto, poi è stato tagliato, perché malato. Ma non mettono nessun arbusto nuovo al suo posto? Mi chiesi. Un giorno arrivò l’erede, insieme ad altri che finalmente hanno ripopolato i segnaposto vuoti sul marciapiede che ogni giorno calpesto nel mio andirivieni.

Così straordinaria la capacità di attecchire nel loro nuovo mondo; un attimo di riflessione per rendersi conto di quale nuova terra li sta ospitando, e poi parte il nuovo corso. Bene, questa terra mi ha adottato. Ora cresco.

Tutti tranne uno. Sembrava dire “Aspettatemi, ma come avete fatto? Io faccio fatica, non ci riesco… non riesco a far comunione con questa terra, ma che mi succede? Sono debole…”. Tutti erano stati irrigati, ma questo piccolo alberello aveva l’aria più sbattuta degli altri; aveva avuto un trasposto difficile, forse troppo a lungo era stato lontano dal suo grembo materno. La stagione è giusta, sorella acqua c’è, la terra è buona. Com’è difficile abbracciare questa terra che sembra non volermi.

Il giorno dopo qualcosa in più di appassito guarniva la sua piccola chioma, che già era pronta per la nuova ombra da regalarci. Mentre noi eravamo occupati a protestare per il cosiddetto “brutto tempo”, la piccola chioma ringraziava il cielo umido per il suo regalo, che già stava rendendo più sottile il confine con la terra; e quando l’abbraccio venne e con voracità prendeva da lei l’indispensabile, nuovo verde faceva capolino tra le foglie quasi appassite.

Fu contento di essere stato finalmente adottato dal suo piccolo mondo. Una lotta insignificante per tutti, in questa briciola di pianeta, ma quale sforzo per la vita si è compiuto all’insaputa.

© Scampoli