Uno strano ritorno

Aveva studiato tanto i segni dei tempi, e con i suoi due compagni di viaggio avevano convenuto che il tempo era giunto. Li avevano presi per matti, ma troppi erano i segnali che indicavano la direzione giusta. Ignorarli sarebbe stato colpevole.

La partenza affrettata, il tempo incerto, la stagione non proprio propizia, le disquisizioni inevitabili su mille particolari, la decisione finale raggiunta per l’amicizia che li legava.

Ricordava come verso la fine del viaggio avessero quasi perso la strada. Proprio in un momento di umano scoraggiamento e fatica, pensa un po’. Chiesero al potente del luogo, perché di un Sovrano parlavano i segni. Ma nessuna indicazione ebbero, anzi solo cortese risposta di riferire dove fosse quando l’avessero trovato. I potenti erano sempre stati inutili per scoprire la verità. Forse i sapienti potevano dirti qualcosa, e così fu, perché Betlemme fu loro indicata, ma perché tutta quella indifferenza da parte loro. Come era possibile che non si rendessero conto di nulla.

Fu appena dopo che si fecero coraggio, e trovarono la meta, proprio dove il Segno indicava loro; all’arrivo li attendeva una gioia che mai avrebbero pensato. Videro un sovrano, certo, ma ora capirono quale fosse la sua grandezza. Mai doni furono più indovinati, mai adorazione al bimbo più appropriata.

La rivelazione del sogno li fece tornare per altra via, ma non ebbero dubbi a riguardo: non era scortesia evitare di passare a omaggiare Erode, ma salvaguardia del bambino. Non potevano sapere che un altro esilio, una fuga precipitosa, attendeva Giuseppe di lì a poco, aiutato per disegno provvidenziale dall’oro che avevano donato loro, e che li aiutò nelle necessità imposte dalla nuova vita.

Ma per molti anni, studiando i segni dei tempi, il cuore dei Magi fu vicino alla vicenda del Re dei Re.

© Scampoli

Uno strano ritorno