Sul prato le nubi a giocare

La vita di tutti i giorni mi ha sorpreso in un normalissimo prato, intento a prendere la mia parte di pennichella dopo una passeggiata.

Un po’ di torpore arriva da terre lontane, richiamato a gran voce da quel po’ di stanchezza buona che il corpo ha accumulato durante il piccolo giro. Reclinato il capo, trovato il modo di creare un cuscino che permetta di evitare la sgradevole sensazione di una testa che cade all’indietro, ammiro il disegno che mi sovrasta tra il chiaro e lo scuro delle palpebre che fanno manovre di chiusura.

Una torre di nubi uscita da un invisibile enorme camino, presa la rincorsa da chissà dove si lancia nel nulla, sapendo che la sua missione è quella di salire in alto a prendere un po’ di fresco, visto tutto il calore che ha in corpo. Sembra la traccia di una gigantesca palla di cannone, ma il proiettile è buono, al massimo un po’ di acqua. E infatti puntualmente cambia pelle, rivestendosi di bianco. Un bianco abbagliante che da lontano ha dei contorni così netti da sembrare scolpiti da Raffaello.

Ma non è sola; un pomeriggio estivo ha una vivacità in corpo da non credere, e tutti vogliono far sentire la loro voce: insetti, versi di uccelli, rondini nell’alto, vento, chiacchericcio di gente lontana.

Piano, senza farsi sentire, il sudore del vento di valle crea nuovi accerchiamenti attorno a me, come a giocare a soldatini – un po’ grandi, ma del resto loro giocano su altra scala – e ad accerchiare un finto nemico, per sorprenderlo nel sonno. Sto al gioco, ma da dietro gli occhiali da sole, così non si accorge, lo osservo mentre un’onda di nubi fresche di giornata cade da un versante a far finta di essere un esercito al galoppo.

Vedo crearsi un accerchiamento in piena regola, con nubi dall’altra parte della valletta puntare in alto, a chiudere sempre più lo spazio del sole oggi particolarmente esuberante. Nel silenzio più totale conquistano tutto lo spazio a disposizione, e regalano un po’ di frescura (ci voleva) a chi sta sotto.

L’ultimo attacco della cavalleria arriva dal basso, e scopri che i confini delle nubi, così perfetti da lontano, visti da vicino sono come brandelli di zucchero filato che non vogliono stare al loro posto, e ti raccontano del vento che li porta, come a dirti “è colpa sua, io non centro!”.

Dopo aver così coperto il paesaggio lontano e aver aggredito quello vicino, lo sguardo si sposta sul prato attorno a me. La persona che mi è vicina e più cara che mai, ancora a occhietti chiusi attende di avere il coraggio di aprirli. La piccola vita nell’erba del prato ignara di tutto continua il suo percorso, forse infastidita dal grosso ostacolo sul panno steso a terra che impedisce di andare dove vorrebbe.

Le nubi basse che giocano alla nebbia vanno e vengono, aprendo squarci brevi sul lontano, e sembrano chiedersi se per caso non avranno esagerato a invadere tutto lo spazio, mentre nel mio intimo prende forma un grazie per avermi concesso di partecipare al loro pomeriggio di giochi.

© Scampoli

Sul prato le nubia giocare