In cielo quella volta, come tutte le altre, si fece silenzio assoluto. Era un momento indimenticabile, dove meraviglia e intelligenza venivano inondate oltre ogni loro possibilità.
“Lo voglio colorare di emozione – disse come chi facendo pensa a voce alta – ma con una dominante di stupore e curiosità. Poi ci metto una bella spolverata di intelligenza, perché voglio che capisca; e un bella riserva di sorrisi, da usare per chi gli starà vicino.
“Nostalgia di quel che non sa, perché non stia mai fermo; gioia per un affetto, perché questo si moltiplichi; speranza per un futuro migliore, così potrà cambiare il mondo attorno a sé, se vorrà.
“Una goccia di tristezza, per riuscire a condividerla e capirla in chi soffre; un carretto da riempire con i ricordi, per portarsi sempre appresso la propria identità; una capacità di amare, perché… son fatto così.”
Continuò per qualche tempo a tratteggiare i dettagli. Anche stavolta era venuto diverso, originale, unico, irripetibile. Improvvisava sempre, e gli riusciva ogni volta. E vide che era cosa molto buona.
Ma quando alla fine Dio pronunciò il tuo nome, non potesti far altro che cominciare ad esistere, perché a questo comando non si può disobbedire. Anche stavolta si era dimenticato la data di scadenza, perché – diceva – così era costretto a custodirti nel suo amore per sempre.
Ma ormai in cielo sapevano che questa sua smemoratezza era un gioco.
© Scampoli