Un bel senso di colpa

Può sembrare paradossale parlare così del senso di colpa, che spesso ci blocca, ma da ingegnere quale sono di formazione, parto dalla considerazione della realtà in cui sono immerso per evitare di perdermi in un mondo solo ideale.

Quello stato d’animo che viviamo quando avvertiamo di “aver combinato qualcosa” mi assomiglia al tentativo del nostro animo di volerci allertare; qualcosa da qualche parte accende una spia rossa, e fa suonare un’eterea sirena. Il risulato è che mi sento a disagio, perché rispetto a un paradigma, a un modello, a delle aspettative su me stesso, a dei criteri morali cui voglio aderire, a delle attese che altri avevano su di me, al bene che qualcuno mi voleva, rispetto a tutto questo sono stato inadempiente, manchevole, magari volontariamente cattivello. Ed ora me ne dispiace.

Parlando a titolo personale, che qui è l’unico sensato, il principio originante di tutto ciò è in me molto profondo, estremamente radicato e inflessibile nel presentare il conto. Io la chiamo coscienza. Già ci sono passato da quelle parti, parlando di Esame, rendendomi conto che la facoltà da noi esercitata in quei momenti è pregiata, ed è espressione del meglio di noi, del principio spirituale che alberga nella nostra natura umana. C’è dentro tutto: emozione, memoria, capacità di analisi, giudizio su se stessi e sulla situazione sulla base di valori educativi, etici, morali e sociali, propositi di cambiamento e quindi atti di volontà positiva, dispiacere e quindi presa di coscienza di essere in relazione con altri; per non essere sterile e nocivo, ha però bisogno della nostra reazione. È qualcosa che ci interpella ed attende una risposta. Ma non sta ad attendere in eterno; se vogliamo prenderlo, quel treno è lì per noi, altrimenti prima o poi si stanca e se ne va.

Mi rendo conto che di “senso di colpa” ne esistono due tipi: uno sterile che ci blocca, dettato più spesso da condizionamenti, paure, senso di incompiutezza, confronto con un giudizio basato solo sulle regole; il secondo che ci invita a una conversione di rotta (anche da quelle parti ci sono passatao già), e ci dona una ripartenza e una dignità che nemmeno ci immaginiamo.

Nel primo caso quel senso di colpa non mi lascia vie di fuga, perché nasce dalla paura e dall’isolamento, mi fa cozzare contro una via chiusa, mi presenta un conto che non potrò mai saldare, perché di base sono fatto male e quindi non può che andare così.

Nel secondo caso il senso di colpa sfocia nel dispiacere. Ed è già affascinante pensare che in noi possa crescere uno stato d’animo simile. Poi la scelta viene lasciata a me; vengo come interpellato a capire meglio perché e dove ho sbagliato, e cosa posso fare per… appunto. Posso farci qualcosa. A me capire. Soprattutto mi par di capire che l’unico motivo che conta è che “mi dispiace”, “sono pentito di”, e niente più; proprio per questo voglio riparare e ricominciare.

Sono umano e per natura fallibile, ma un bel senso di colpa è solo segno che qualcuno ha avuto fiducia in me, e mi prende per mano. Avanti.

© Scampoli

Un bel senso d icolpa