Poca riconoscenza

(storia di un grazie ritardatario)

“Forse avrei dovuto dargli ascolto”, si disse pensoso, nel suo angolo di strada tenacemente difeso nel suo quotidiano mendicare; tanto più ora che era in salute, anche se – a differenza di quell’altro – faceva la vita di stenti come prima.

Ancora ricordava quel giorno; erano andati in gruppo, trascinati da uno di loro. Tutti malati, di quella malattia che ti isola definitivamente da tutti perché impuro. Era già rassegnato, ma fu trascinato controvoglia.

Li aveva guariti tutti e dieci, raccomandando loro di tornare al tempio per le purificazioni del caso; questo li avrebbe riabilitati definitivamente agli occhi della gente. Continuava a chiedersi perché dopo non fosse tornato a ringraziarlo, quel Gesù che tanto bene aveva fatto loro. Fatto, non chiacchierato.

Solo uno di loro lo aveva rivisto, e aveva raccontato loro cosa gli aveva detto; disse anche che li aveva rimproverati perché non erano tornati a ringraziarlo. “È da allora che non sono in pace”, si rese conto.

Forse di questo non ne avrebbe parlato mai nessuno, ma in quel momento si decise: buttò le vesti stracciate della sua misera commedia di bisognoso procurandosene di nuove, si diede una ripulita nella piscina di Siloe, e andò in cerca di quel profeta giusto.

Gli dissero che era poco distante da lì, su un piccolo monte, che stava parlando di beatitudini. Nemmeno si accorse che il passo deciso divenne presto frettoloso e poi corsa. La sua era stata una mancanza d’amore, ma era ancora in tempo.

© Scampoli

Poca riconoscenza