La pioggia, l’anima e il creato

Ci sono giorni in cui come nell’orchestra gli strumenti vanno in terzine e creano l’accordo pur non essendo uguali; una pioggia leggera a tratti, con un po’ di voglia di far sul serio in altri momenti, foriera del fresco che ci aspetta, più con l’intento di giocare con la terra che non di far danni; come invece fanno altri suoi fratelli maggiori che amano le palline da ping-pong ma non hanno assolutamente capito come si fanno, e giocano per stracciare l’avversario (noi) con biglie di ghiaccio che non pochi problemi ci creano.

Leggera cade oggi con rispetto per chi l’aspetta; come un bisbigliato avviso che occorre preparare le valigie perché il tempo del tanto sole sta finendo; l’avrete capito finalmente che arriva più tardi al mattino e va via prima la sera. Piano allora di giorno in giorno parte il cambio stagione, e si riporranno tra poco negli armadi della terra le fatiche di qualche mese prima, che hanno adornato di colore e vita scheletri invernali a riposo.

Ascolto il familiare fruscìo che mi rendo conto essere parente di quello del vento tra le foglie. Ma certo, siamo in famiglia, sempre quelli sono gli attori; parte un disco nella memoria a ripetere quei giorni di vento tra gli alberi e mi figuro quel suono che con questo fanno armonia.

Qualche goccia più pesante fa un ciocco più sonoro sul davanzale del balcone che pochi giorni fa si godeva il tepore del pomeriggio. Un po’ come il tintinnìo del triangolo nell’orchestra; un tocco ogni tanto ma basta a far concerto.

Il paesaggio lontano si confonde nella miriade di fresche lacrimucce di coccodrillo che il cielo ci regala; e già aspetto il meteo serale a parlare di brutto tempo. Ma a chi la volete dare a bere. Sembra invece che oggi il paesaggio sia stato rifatto con gli acquarelli, che sfumano colori e contrasti già qui davanti, e sempre più di lontano, fino a quando tutto è colore dello sfondo.

C’è chi dice che lo stato d’animo della pioggia faccia un accordo in minore nella melodia della giornata; non così per me, che sento il piccolo vento che riesce a far capolino nella stanza come un gattino che si struscia sulle gambe.

Solo allora mi rendo conto che sto salutando con affetto l’estate che è stata, come amica cara che anche quest’anno è passata a trovarmi, e pur con le sue intemperanze mi ha ricordato di quali colori, suoni e silenzi solo lei è capace.

Non dite più che la pioggia, l’anima e il creato non possono essere in armonia tra loro.

© Scampoli

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