Il viaggio più lungo

Centonovanta giorni, da tanto durava il viaggio. Non era stato facile recuperare tutto il necessario per tutto questo tempo; non ci sarebbe stata possibilità di scalo, questo lo sapeva.

Una fatica immane costruire il mezzo idoneo; certo le indicazioni erano state precise, fin troppo. Sentirsi investiti di tale fiducia, però, non lo faceva sentire proprio così tranquillo. Quando viaggi hai la responsabilità dei tuoi passeggeri, e loro stessi si fidavano di lui. Ma lui di se stesso no.

Ripensava ancora al motivo che aveva originato tutto ciò. Come al solito la cattiveria della gente. Ma questa volta era stato peggio, l’aveva sentito proprio addolorato su questo aspetto, pentito oserei dire, anche se applicare a lui questo atteggiamento sembrava stridere con ciò che è.

Un tempo fatto di attesa, durante il quale aveva pensato e ripensato a tutto e a tutti, ma soprattutto a come si era arrivati a questo punto. L’origine cominciava ad essergli chiara, un po’ come un passaggio di testimone. Ma il testimone era la corruzione. Il male si diffondeva con l’istintività che un tempo era propria solo del bene.

Ormai la fine del viaggio doveva essere vicina, lo sentiva, il tempo era maturo e gli ultimi segni erano buoni.

Bagnato dalla stanchezza, più che dall’acqua del mare, ma con la gioia in cuore di rivedere la sua amata colomba con un ramoscello d’ulivo nel becco, Noè si affrettò ad accoglierla, allungando la mano fuori dall’oblò, perché trovasse finalmente riposo dalla sua esplorazione.

Era già sopraffatto dalla felicità per il nuovo inizio, quando il suggello della promessa come un arco sovrastò l’orizzonte.

© Scampoli

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