Il viaggio delle origini

Ho fatto un viaggio, con quella barca che promette di portare lontano dalla riva del “qui ed ora” che tutti conosciamo, fatta di fantasia, speranza, desiderio; ed ho preso il largo, fino lì in fondo dove non si vede più la riva quando ci sei.

Un viaggio lungo, in posti che non esistono, o forse sì. Ho attraversato strati di roccia colorata, custodi fedeli del nostro passato, guardiani inviolabili delle tracce di chi ci ha preceduto, come i cassetti a casa di nonna, che profumano di antico.

Ma non era la meta. Ho sorvolato – non so con quali ali – luoghi che tracimavano vita in ogni ordine di posti; vita cosciente e non cosciente, ciascuna secondo la sua specie, che ripeteva a memoria con la sua esistenza tutti i colori dell’arcobaleno, tutti i profumi del mondo, e tutte le forme della terra.

Mi sono arrampicato – non so con quali mezzi – su alberi che avevano solo il desiderio di arrivare fino al cielo, e solo per umiltà si sono fermati prima, ed ho contato una per una tutte le loro foglie, che con fedeltà ripetono il loro compito a servizio della vita di tutti.

Ho chiesto un passaggio a due ali piumate, che senza nemmeno chiedere perché mi hanno trasportato dove il vento voleva, mentre dall’alto occhi di meraviglia ripassavano il suolo che quotidianamente calpestavo chiedendomi come mai non avessi notato prima com’era bello, e quanto piccola fosse ogni cosa rispetto al cielo.

Mi sono fatto portare sulla vetta più alta di quella montagna che conosci anche tu, accarezzata da tutte le nuvole di passaggio che vogliono salutarla, lasciandola umida di pioggia ma non troppo, altrimenti non ne rimane più per la pianura.

Sono disceso lungo le sue valli, seguendo il corso di un fiume che regala in primavera ciò che l’inverno mette da parte lassù in alto, seguendo le tracce scavate con pazienza in una roccia che diresti eterna, ma solo perché non hai un attimo di pazienza.

L’ho seguito – quel fiume – fino al mare, mentre grato gli restituiva l’acqua, quel che faceva di lui ciò che era, arrivando sulla riva di un mare mai conosciuto del tutto da nessuno, fiero dei suoi segreti, infaticabile produttore di onde che ci ricordino che lui c’è, e custodisce tutta la vita che può.

Sulla riva delle origini, al limitare della vegetazione, un uomo e una donna contemplavano tutto questo; erano nudi e non avevano vergogna, perché tutto intorno a loro e dentro di loro era così come doveva essere. Che strano, mi sembra di conoscerli, e non so perché.

Già si faceva sera al termine di questo viaggio, e un sole gentile che non feriva gli occhi scaldava di rosso con il suo tramonto quello che – non so come – sapevo essere il sesto giorno di una storia appena iniziata, mentre il sonno mi accoglieva a ristorare le stanche membra.

Mi svegliai con una strana sensazione addosso; era la mia fermata, e se non volevo fare tardi, dovevo affrettarmi a scendere. Ma mentre riprendevo il cammino nella mia giornata, mi chiedevo come ci fosse finita, nella mia tasca, quella conchiglia ancora bagnata di acqua salata, che sembrava appena raccolta da una spiaggia lontana.

© Scampoli

Il viaggio delle origini

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