Una curiosa comunità

Era una creatura reale, ma della consistenza dell’aria, perciò non poteva essere visto. Ma il pensiero e i sensi vedevano e ascoltavano tutto. La sua missione lo richiedeva.

Sul suo pianeta erano rimasti stupiti dalle prime relazioni, motivo per cui gli avevano chiesto ulteriori indagini. Su una cosa in particolare.

Qui vivevano tutti in cubicoli (nel suo pianeta no, vista la loro natura; pareti e porte a nulla servono da loro, era come passare la nebbia); si riunivano la sera in gruppi piccoli, sempre gli stessi, dove si accudivano a vicenda. No, quasi; quelli di dimensioni minori ricevevano e basta. Ma per quanto si spendessero, la vicinanza fisica li faceva sorridere e gioire.

Una volta capita la lingua scoprì che non si dicevano nulla di particolare, solo un elenco più o meno ordinato di luoghi dov’erano stati e cose fatte. Qualcuno ogni tanto (quelli di dimensioni intermedie) emetteva suoni brevi a bocca chiusa, e poi se ne stava per i fatti suoi.

Ogni tanto il volume dei suoni emessi si alzava di parecchio, ma durava poco, poi tornava il silenzio per un po’, e successivamente il regime solito riprendeva.

Una volta li sentì definirsi “famiglia”, ma a prescindere da ciò, ormai faceva fatica a staccarsi dalla loro compagnia. Stava imparando.

Se senti un refolo d’aria, non ti preoccupare; è rimasto lì con voi perché si trova a suo agio, e sta imparando a volervi bene, anche se a volte vi fa i dispetti, e vi mette lo strofinaccio dietro il mobile.

© Scampoli

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