Tutto buio qui sotto

Era da troppo tempo nel buio. Il posto era freddo, umido, di una umidità che ti entrava dentro e sembrava non lasciare scampo. Quasi aveva l’impressione che lo facesse scoppiare di dentro tutta quella piccola acqua fredda che lo circondava da ogni parte. Non ricordava quando era stato messo lì. Forse poco, forse molto, ma sembravano secoli. Un giorno in quel luogo strano di cui non capiva il senso sembravano secoli. E non capiva se era davvero solo oppure no, perché quel mondo in cui a volte gli sembrava di essere sepolto lo circondava da ogni parte.

“Sono così piccolo, ma che vogliono da me” si ripeteva continuamente. “Che posso fare qui se non prendere freddo aspettando non si sa cosa”. Avrebbe voluto tagliare fuori tutto da se stesso, isolarsi e basta, stare in pace, senza sentire quel freddo sottile che sembrava spegnere il suo passato. eppure non si risolveva mai a farlo, in fondo non era per niente convito che chiudersi fosse la cosa migliore, per quanto apparentemente inospitale fosse quell’ambiente in cui stava. Era spesso sul punto di urlare di lasciarlo in pace, che dovevano andarsene tutti, ma alla fine non lo faceva mai.

Si sentiva consumare dal tempo, sentiva ogni giorno diminuire le sue riserve, e crescere il gonfiore dell’umidità che a volte lo soffocava quasi. Eppure, senza riuscire a spiegarselo, andava avanti, giorno dopo giorno, anche se non sapeva se fosse giorno o notte, lì dov’era. Quel piccolo seme non sentiva ancora il richiamo della terra buona che lo invitava ad aprirsi, e che piano, ogni giorno, gli donava le sue piccole essenze. Non amava ancora la terra, ma era questione di tempo, e di un po’ di pazienza e amore da parte proprio della terra che lo aveva preso in custodia per trasformarlo. Ormai mancava poco.

Il piccolo seme non seppe dire quando accadde. Ma quando capì che quella terra buia lo custodiva e lo preparava, e gli dava a poco a poco quello che aveva bisogno ogni giorno, cominciò ad affezionarcisi. Si rese conto che stava iniziando a cambiare, e che solo abbracciando quella terra prima così inospitale avrebbe potuto ricevere ancora di più da lei, che aspettava solo quel momento. La terra buona gli spiegò che si chiamavano radici, e che solo grazie a loro sarebbe potuto crescere. Loro dovevano confondersi con la terra, e cercarla sempre più. Avrebbe ricevuto tutto ciò di cui aveva bisogno. Ma doveva fidarsi della terra.

Non si era accorto di essere diventato più grande. Non sapeva che mancava poco alla luce, ma del resto non poteva vederla ancora, né immaginarla. Quel giorno, quando una piccola fessura nel terreno apparve, nessuno se ne accorse. Quando un piccolo germoglio vide la luce e sentì nuova forza non appena mise la sua prima gemma al sole, nessuno ci fece caso. Solo il sole lo sapeva, perché lo stava aspettando. Non parve vero al piccolo germoglio di aver conosciuto la luce, e fu pieno di gioia per questa scoperta. Ma per il piccolo seme di quercia fu solo l’inizio. Non sapeva ancora che avrebbe conosciuto l’estate e l’inverno, il sole e la luna, il vento, la coda degli scoiattoli che gli faceva solletico e i nidi con le piccole uova. Non era ancora arrivato fino al cielo.

© Scampoli