Pulizie di primavera

Cantava sempre quando, in quel posto, faceva le pulizie di primavera. Certo lì la primavera era una stagione particolare, dove ciò che fioriva era diverso da quel che si vedeva in altri posti, e ogni giardino aveva fiori diversi, in numero infinito di specie. Il suo canto era particolare, accompagnava il suo lavoro e quasi sembrava fosse il canto ad operare, più che i gesti.

Nessuno lo poteva vedere mentre faceva le pulizie di primavera; forse si poteva sentire, ma solo se si stava davvero zitti; era in quel posto dove solo lui poteva arrivare. Oltretutto conosceva benissimo ciascuno di quei luoghi, li aveva fatti lui, e solo che lo lasciassero operare, davvero si poteva dire che faceva miracoli. Aveva uno stile tutto suo nel pulire, e non si limitava a togliere la polvere; dove passava lui, tutto sembrava brillare di una luce nuova, di una nuova vita, e ogni minuzia trovava il suo posto, in un ordine e armonia che – come nella musica – sono fatte delle solite note, ma il loro segreto sta in chi ascolta e osserva.

Non era un lavoro facile il suo. Non era fatto una volta per tutte. Occorreva ripassare, prendersi cura di quel posto, ripulire e rinnovare gli arredi e dare aria e luce nuova alla casa. Che come un piccolo regno custodiva segreti preziosi. I segreti del Re, qualcuno li chiamava. Sì, se la casa era pulita, il Re veniva ad abitare, passava e rimaneva con la sua famiglia perfetta. Che vita c’era allora in quella casa.

Non temeva nulla, nemmeno i luoghi più trascurati e sporchi. Bastava lo lasciassero fare, gli facessero trovare le porte aperte, lo aiutassero con quei piccoli favori che testimoniavano se non altro la buona volontà di voler avere una casa pulita, degna di accogliere gli amici, dove potessero regnare amore ed armonia. Aveva fatto tornare pure come agli inizi abitazioni cui mai avresti dato neppure due soldi, che avresti giudicato pronte solo per essere demolite e distrutte, che nemmeno meritavano di esserci. Ma lui sapeva quel che faceva, sapeva dove mettere le mani e come scaldare l’animo di chi l’abitava, per fargli desiderare l’ordine e l’armonia che lui poteva portare.

Alcune abitazioni rimanevano con le porte ostinatamente chiuse al suo agire, e tanto era in quei casi il dispiacere di non poter regalare una casa bella e limpida, perché ci si potesse vivere davvero come Dio comanda. Ma quel giorno, Dio nella persona del suo Spirito seppe che quella casa gli aveva aperto le porte, e non seppe resistere nemmeno stavolta; senza indugiare nemmeno un attimo, venne a porte chiuse, perché non riuscì ad aspettare che gliele aprissero, e cominciò il suo canto.

Fu lavoro lungo e paziente, ma subito le cose cambiarono, ci si sarebbe accorti immediatamente che una mano sapiente dirigeva i lavori. Vennero buttati gli arredi vecchie pieni di tarme, cambiata la tappezzeria ormai consunta, tinteggiate a colori luminosi tutte le stanze, rimesso a nuovo il mobilio buono e bruciate le cose vecchie che appesantivano e non servivano più. Costò fatica e in qualche caso dispiacere, ma era necessario, e i risultati diedero ragione al capomastro. Ci volle tempo, ma ne aveva quanto voleva; ci volle pazienza, ma c’era tutta quella necessaria, ci volle tanto amore, ma di quello era fatto. E alla fine vide che era cosa molto buona.

Quell’anima, quella casa, in quel periodo, si sentì scossa, in subbuglio, indecisa a tratti se abbandonare alcune abitudini, e buttare ciò che sembrava non servire, ma era bella la sensazione nuova di una casa pulita, limpida e finalmente piena di quella luce che ti faceva capire cosa c’era in ogni stanza, in ogni ripostiglio, in ogni angolo. Solo ora c’era tutto e solo quel che serviva.

Ma quell’anima era già in subbuglio, perché gli era giunta notizia che fin da ora, un Re sarebbe venuto ad abitarla. Meglio sbrigarsi, mica che trova lo zerbino sporco, o la roba in disordine in giro.

© Scampoli