Oltre la gioia

Quello che provava era oltre la gioia, più della serenità, meglio della pace. Non sapeva se era più merito del corpo o dello spirito. Forse di entrambi, perché entrambi erano stati raggiunti.

Ricorderà sempre quel giorno: la folla che non si riusciva a passare, il caldo dell’estate, la determinazione dei suoi amici che erano riusciti a convincerlo; amici che si era tenuti cari con quel po’ di affetto e simpatia che riusciva a dare loro, per i quali era ricambiato. Senza loro non sarebbe successo tutto.

Aveva ancora davanti agli occhi gli sguardi stupiti della gente lì convenuta, mentre passando dal retro e salendo sul tetto, i suoi amici toglievano un pezzo della copertura per calarlo giù. A dire il vero si sentiva osservato da sguardi dubbiosi, e tremendamente in imbarazzo per tutto quel trambusto, del quale peraltro nulla poteva farci.

Cominciò a rendersi conto di quel che sarebbe successo quando si trovò davanti a lui, che non fu per nulla stupito di tutto ciò, quasi lo sapesse e lo stesse aspettando, perfettamente padrone degli eventi. Lui lo guardò negli occhi con uno sguardo che gli rimase scolpito per sempre. Commenti inutili furono sussurrati, giudizi e considerazioni vane furono fatte che inutilmente sperarono di non essere udite. A quelle ci sarebbe stata risposta tra un attimo.

Ma tutto questo fu nulla rispetto al sole interiore che sorse in lui e più non si spense quando il Nazareno pronunciò quelle parole: “dico a te: àlzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Il paralitico non potè fare altro che obbedire con stupore al comando che lo toglieva con amore dallo sguardo indiscreto della gente, per un nuovo inizio.

© Scampoli

Oltre la gioia