Mi sento un po’ giù

“Cosa c’è figlio mio?” chiese al suo figliolo, che aveva l’aria un po’ abbacchiata. “Niente” rispose, palesemente mentendo, sapendo che avrebbe insistito per saperlo. “Mi sento un po’ giù, ecco tutto”.

“Che ti è successo oggi? Di sicuro qualcosa non ti è andato per il verso giusto” riprese il padre. “Non è solo oggi – proseguì il figlio – ormai è da un po’ che è così; mi alzo al mattino e non so perché, corro al lavoro, ritorno col fiatone a casa dove mi aspettano altre fatiche, mi spremo per fare al meglio, e alla fine non ne ricavo nulla”.

“Mi dispiace, figlio mio – continuò il padre un po’ addolorato per la sua delusione che sapeva avere confini più ampi – vorrei risolverti tutto con un colpo di bacchetta magica, ma non servirebbe. Vedi, non si tratta di vivere un’altra vita, ma di trovare il senso a questa, che ho preparato per te”.

“Sì ma per me questa vita così com’è non ha senso, non vedo, non  capisco, ci sto male, vorrei cambiare tante cose e non posso, insomma, mi sento in carcere!”. Quel Padre buono si addolorò in cuor suo della sofferenza di quel figlio, che tanto amava. Sapeva dove l’avrebbe portato quella catena di eventi che la sua provvidenza aveva predisposto per lui, ma voleva che ci arrivasse liberamente.

“Figlio mio – riprese il Padre – lo so che vorresti vedere e capire tutto ma non puoi farlo. Vorresti una sicurezza che non hai, ma credimi, non sono le cose che ti proteggeranno. Ti chiedo di fidarti di me, e delle giornate che volta per volta ti regalo; usale come una scala, un’ora dopo l’altra, un gesto dopo l’altro, per costruire una nuova vita in te, cercando di uscire dai tuoi soli problemi, chiedendo aiuto se necessario. Credimi, non ti farò mancare nulla di ciò che davvero ti è necessario, di ciò che realmente serve al tuo cuore e alla tua anima”.

Da allora alcune luminose bricioline di pane ti hanno segnato la via, hai scoperto che quei semplici gesti di interesse per chi ti circondava, quelle piccole e nascoste rinunce a cose che ti apparivano fino ad allora falsamente indispensabili, ti rendevano più libero e leggero ogni giorno di più.

Quel giorno ti sei accorto che – forse – la “mistica del magari”, magari fossi così, magari avessi questo, magari non mi fosse successo quello, era per te un vicolo cieco, e tarpava le ali ad ogni tuo slancio.

Ti sei affidato alla tua noiosa giornata gettandoti come un passero ad ali spiegate nell’aria che non si vede ma lui sa che c’è, e gioca a fare l’aquila ben più grande di lui, per sognare, volare più in alto, e come lei essere capace di guardare il sole.

Quel giorno, nei mille dettagli che hai cominciato a notare, hai iniziato a scoprire il senso. Era l’amore di chi ti aveva voluto.

© Scampoli

Mi sento giù