Ho una confessione da farti

L’etimologia del termine confessione mi ha fatto riflettere, e anche stavolta sotto il consueto c’è del nuovo. Dalla citazione dal sito Treccani di poc’anzi appare come sia una dimensione anzitutto umana, un bisogno dell’anima, una necessità di quella dimensione spirituale troppo spesso ignorata e calpestata in nome di un materialismo che dichiara vero solo quanto cade sotto i sensi, ormai in saturazione per la quantità di stimoli cui sono sottoposti.

Etimologia di confessione

Etimologia del termine confessione

Le valenze di questo atteggiamento sono davvero tante, cominciando dal fatto che, come mostrato nell’immagine, l’etimo del termine ci riporta a un desiderio insito in noi di rendere manifesto qualcosa. Mi piace questo sbilanciamento sulla volontà di apertura che la storia svela a riguardo. Assomiglia a una manifestazione di fiducia nei confronti dell’uomo, ritenuto capace anzitutto di mostrarsi nelle sue aspirazioni profonde. Confessare una fede, un credo di qualche tipo è soprattutto esserne persuasi nella mente e nel cuore, dimostrarsi capaci di rendere ragione della speranza che è in noi (suona familiare, lo so). Con tutti i rischi di incomprensione del caso, ma consci che ne vale la pena.

Ma questa successione di letterine note costruisce un’altra idea nella nostra mente, più legata ad una tradizione e ad un credo di natura religiosa e spirituale cui molti si sono abbeverati in gioventù, con risultati differenti e frutto della libertà personale, della storia vissuta e – perchè no – dei condizionamenti sociali che non sempre dicono il vero.

Credo che l’altra forma di confessione nota ai più (altrimenti definito sacramento della riconciliazione) sia profondamente innestata su questa; altrimenti perché usare lo tesso termine? Nasce da un movimento spontaneo di portare alla luce e manifestare qualcosa. Ma in questo caso è il “qualcosa” ad essere diverso. Soprattutto non è un confronto con un’arida check-list di perfezione, senza la quale non abbiamo il permesso di vivere degnamente o esprimerci liberamente. Semmai è un dispiacere per esserci accorti di avere il vestito macchiato, perché ci rendiamo conto di non essere in ordine (come Adamo ed Eva si resero conto di essere nudi) perché siamo stati pensati per essere pienamente e perfettamente noi stessi. Ma se avvertiamo di aver sbagliato rotta, se sentiamo una vocina interiore che ci fa riflettere, magari una correzione di qualche tipo ci vuole.

Il tutto senza perdere di vista che siamo e  saremo sempre fallibili in quanto umani e dotati di limiti. Ma capaci di accorgercene, sapendo di non poter fare da soli. Perché per riconciliarsi occorre essere almeno in due.

Avevo una confessione da farvi, e spero sia ben riposta e correttamente interpretata… 🙂

© Scampoli

Confessione e riconciliazione