Globalizzazione diversità e uniformità – 2

Queste riflessioni sulla globalizzazione e sull’uniformità, iniziate da considerazioni storiche, mi hanno portato alla considerazione di quale concezione dell’essere umano è stata necessaria per generare la civiltà in cui viviamo.

Globalizzazione diversità e uniformitàIn un’epoca lontana, la concezione del tempo era ciclica, tutto era predeterminato o comunque non modificabile, il tempo qualcosa che si ripeteva (non c’è niente di nuovo sotto il sole) e l’uomo una pedina senza voce in capitolo. Non così dopo l’era cristiana, che ha introdotto una direzione precisa al tempo, che procede solo in avanti verso il suo termine, e una responsabilità effettiva sul creato, che oggigiorno è verità indiscussa. Non solo; anche il rapporto con la realtà cambia in questa prospettiva, permettendomi di usare delle cose senza limiti dettati da una ideologia. Ciò che viene dall’esterno non è impuro, o comunque non mi può inquinare l’animo (può far danni al fisico, certo); è il cuore dell’uomo il posto dove nascono le intenzioni cattive, che inquinano ciò che sta fuori, sia in termini di relazioni che sul piano ambientale. Le “cose” non possono influire sullo spirito, perché la sua natura è loro superiore, ontologicamente parlando.

Le finalità dell’agire hanno trasformato l’essere umano da custode responsabile a padrone indiscusso del mondo, ma soprattutto degli altri. Proprio le diversità e i talenti, opposti all’uniformità, che di principio sono un servizio alla comunità, un valore aggiunto per il bene comune, diventano a tratti un ingombro: se sei bravo in qualcosa devo darti retta e spazio, ma se tutto ciò va in direzione diversa da quella che voglio per te, devo negartelo.

Questo è ciò che oggi percepisco della nostra situazione sociale; l’esistenza di un livello di progettualità che ci viene nascosto, ma che soprattutto va in direzione obbligata e indipendente dal sentire comune. Lo stesso sentire comune viene lentamente forgiato a percorrere nuovi sentieri, abituando la sensibilità e la moralità a cose che solo i nostri genitori avrebbero ritenuto perlomeno originali, portando a una uniformità forzata.

La coscienza di avere una identità storica e culturale precisa, una fierezza di qualsiasi tipo in campi che vanno dall’industria alla filosofia, una capacità di leggere la realtà e di pensare in modo autonomo, potrebbero farci accorgere che il re è nudo, che ci stanno propinando sciocchezze, che stanno facendo svendere la nostra tradizione millenaria, che stiamo dando per ragionevoli argomentazioni fatte solo con la pancia che prescindono dalla realtà. e per qualcuno, se la realtà non concorda con le teorie, tanto peggio per i fatti. Qui ho trovato un articolo che fa pensare. Si può essere d’accordo o meno, ma c’è del vero dentro.

Credo che la globalizzazione si stia trasformando non in gestione delle diversità, ma in un trionfo dell’uniformità. Peccato che per poter fare ciò devono portarci tutti al livello più basso.

Questa è uguaglianza di condizione, non di diritti.

© Scampoli

Globalizzazione uniformità e diversità