Giocare con sincerità a carte scoperte

Intendersi è sempre difficoltoso, e i nostri limiti non facilitano la comprensione. Sembra quasi che un etereo disturbatore di frequenze riesca spesso a intrufolarsi nei discorsi a due, ma solo in quelli in cui hai tanto bisogno di capire ed essere capito.

Se poi l’argomento è trito e ritrito, la prima reazione è: “ancora… no…”, mentre il pensiero di chi parla è del tipo: “chissà se capirà stavolta”. Ma non è che per questo ho meno bisogno di chiarimento, anzi. Se poi in quei momenti mi sento mettere addosso l’etichetta “il solito… qualcosa”, addio speranze di dialogo.

Tutti abbiamo argomenti che vorremmo portare sotto una luce nuova, ma non ci riesce l’impresa. Ci diciamo “sì posso portare pazienza”, ma il cuore dopo un po’ non ne vuole sapere, non ci sta, vuole la sua parte di amore; da dare e da ricevere, perché lui lo sa che è fatto per la comunione d’intenti. Un giorno però succede l’imprevisto; forse una congiuntura astrale favorevole, o semplicemente perché quel giorno si era più inclini a lasciare la porta aperta, come si fa nei paesini ancora oggi, dove se vuoi entri e basta, senza doppia mandata.

Timoroso, depongo l’ingrediente principale sul tavolo da gioco: la sincerità. Mostro le carte, come si fa a briscola scoperta, dove pur vedendole, non sai esattamente quale sarà la conclusione, ma non hai addosso l’ansia dell’imprevisto. Solamente quando metti sul piatto anche i tuoi timori, e chi ti ascolta fa altrettanto, misteriosamente le distanze si riducono.

Perché in quel caso sei come me, con le mie stesse paure, e i medesimi grandi desideri. Non è facile confrontarsi con qualcosa che non ha difetti, o non li vuole dire; è il metodo migliore per sentirsi a disagio, fuori misura, inferiori.

A quel punto, non è più importante vincere la partita, ma guardare le carte. E guardarsi negli occhi. Che belli quegli occhi sinceri, non avevo notato quella sfumatura di colore, ti sta così bene col tuo sorriso.

© Scampoli

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